In attesa del corso “Human Factor for Better Decisions” in programma il 2 Dicembre a I Portici Hotel di Bologna, vi raccontiamo le tecniche di mindfulness codificate da Kabat-Zinn che hanno superato il test dell’analisi funzionale dell’attività cerebrale. E sono entrate dalla porta principale nelle aziende Fortune500.
I dipendenti di Google, tra un brief e una sessione di debug, possono andare a rigenerarsi un po’ nella stanza deputata alla meditazione. Pagano Brin e Page, che hanno ormai integrato corsi di formazione e pratiche di mindfulness. Più di un anno fa è stata creata la figura di Head of Mindfulness Training interna alla grande G, e il primo a ricoprirla è Chade-Meng Tan. Ma non solo a Mountain View accadono cose del genere. Sono sempre di più le grandi aziende che hanno aperto le porte alla mindfulness, e non solo di settori industriali ‘avanguardistici’ come è Google. Aetna, tra le 50 aziende più produttive degli Usa, si occupa di servizi sanitari ed è stata fondata all’inizio del XIX secolo. Lo stesso ha fatto General Mills (colosso alimentare, a cui si deve l’invenzione della macchina che gonfia i cereali e quindi i Cheerios e tutti i loro derivati), ma anche in Goldman Sachs, alla Bank of America e alla Blackrock la mindfulness è stata ampiamente sdoganata.
“Nessun capo d’azienda riterrebbe inopportuno o ridicolo incoraggiare l’attività fisica dei propri dipendenti – spiega Tan – e lo stesso sta accadendo in questi anni per quanto riguarda la meditazione e la mindfulness in particolare”.
La prima a provarci fu addirittura la multinazionale di biotecnologie agrarie Monsanto, che già diversi anni fa provò a importare le tecniche di rilassamento, respirazione e visualizzazione, ma con una ricezione non entusiastica. Da allora però qualcosa è cambiato, e per la precisione quello che è cambiato, conferma lo stesso Tan, è “che ora ci sono prove scientifiche della sua efficacia”.
Cosa vuol dire mindfulness?
Quella che è conosciuta come mindfulness, in senso generale, è una pratica che può essere descritta come una forma di meditazione che si basa sull’attenzione al momento presente in maniera non giudicante.
La tecnica ha avuto un’importante sistematizzazione per mano del professore emerito di Medicina Jon Zabat-Zinn alla fine degli anni ’70 che ha sviluppato due declinazioni possibili della pratica: la Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), che ha la finalità di ridurre stress, ansia e persino il dolore fisico (o come dice l’intervistata dalla BBC nel video qui sotto: “Il dolore non diminuisce, aumenta la mia capacità di gestirlo”), e la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) più orientata alla consapevolezza e alla conoscenza di sé.
Neuro-imaging
Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo di tecniche diagnostiche e di visualizzazione dell’attività cerebrale note come neuro-imaging, è stato possibile verificare cosa effettivamente accade, o meglio come viene modificato rispetto al normale stato di veglia, a livello neuronale, elettrico e magnetico. E gli studi in laboratorio non sono mancati: svariate centinaia di studi, concentrati soprattutto negli ultimi cinque anni.
Le aree cerebrali coinvolte – e che cioè subiscono modificazioni rilevanti durante la pratica della mindfulness – sono almeno otto: la parte frontopolare della corteccia frontale (Area 10 di Brodmann); il lobo dell’insula; l’ippocampo; la corteccia orbito-frontale; la corteccia cingolata anteriore; quella media; il fascicolo superiore longitudinale e il corpo calloso.
I benefici sul livello di stress sono ampiamente dimostrati, ma con buona probabilità il grande successo ‘aziendale’ della mindfulness è dovuto a un altro risvolto, indagato approfonditamente da Amishi Jha, professore associato di Psicologia all’Università di Miami: la maggiore capacità di prestare attenzione. Un test condotto su un gruppo di studenti ha dimostrato che dopo otto settimane di pratica, la loro capacità di concentrarsi e di essere performanti era sensibilmente aumentata rispetto ai colleghi non meditabondi.
Per avere uno sguardo più esteso sull’adozione delle pratiche di meditazione della mindfulness nelle grandi aziende, è prezioso il libro recentemente pubblicato dal giornalista del New York Times David Gelles Mindfulness work – How meditation is changing business from the inside out. O, per chi ha meno tempo, leggere l’intervista che ha rilasciato al Wall Street Journal. Infine, ecco un altro prezioso contributo dell’Harvard Business Review sulle potenzialità della mindfulness per decisioni migliori, che è anche il focus del prossimo corso Better Decisions: leggi la scheda del corso e iscriviti ora.