Dati e statistica hanno un ruolo centrale in sempre più settori, dal business allo sport. Non solo dedichiamo loro ampio spazio nei nostri corsi di formazione, vogliamo anche raccontarvi storie dove i dati, insieme agli esseri umani, guidano le decisioni. Ecco l’ultima moda tra i grandi del basket americano: un assistente che li aiuta a migliorare il proprio gioco attraverso l’analisi dei dati. Questa è la storia di Justin Zormelo.

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Il preparatore atletico di fiducia, il mental coach e persino lo chef personale. I migliori giocatori dell’NBA non lasciano niente al caso quando si tratta di migliorare le proprie prestazioni sul campo. Ed è per questo che alcuni di loro si rivolgono a Justin Zormelo. Che non fa nessuna delle attività citate sopra, ma si sta rapidamente costruendo la reputazione di “mago” in grado di trovare la formula, rigorosamente individualizzata, per portare il rendimento di un atleta al livello più alto. Il tutto grazie ai numeri.

Numeri privati

La professione del trentunenne Zormelo è infatti quella di “statistico personale”. Trascorre ore davanti ai video delle partite dei suoi clienti, scova tendenze nascoste nel loro gioco, individua le posizioni del campo e i movimenti che portano a tiri a più alta percentuale di riuscita e, sulla base di queste informazioni, elabora e programmi di allenamento ad hoc.

Tra coloro che hanno beneficiato del suo aiuto c’è anche Kevin Durant degli Oklahoma City Thunders, considerato uno dei 5 migliori giocatori di basket al mondo. Per tre anni, a partire dal 2011, Zormelo ha praticamente vissuto accanto al campione, fisicamente e virtualmente. Quando non passava le notti sul divano del salotto del cestista americano, era sugli spalti armato di iPad a osservare le partite dei Thunders. Se non era al palazzetto probabilmente si trovava a casa davanti ad uno schermo ad analizzare video delle performance del suo assistito, o ancora in ufficio a stilare report sulle aree del gioco da migliorare o, infine, in palestra con il giocatore per mettere in pratica quanto i dati indicavano.

I risultati non hanno tardato ad arrivare. Sotto la guida dello statistico di fiducia Durant si è prefissato alcuni obiettivi specifici e li ha raggiunti. In un anno il cestista è passato dal 12esimo al primo posto per efficienza al tiro in situazioni di “isolamento”, cioè quando una squadra libera un’area del campo per consentire al giocatore di andare al tiro; dal 18esimo al secondo per percentuale di tiri entro 5 metri dal canestro e dal 19esimo al primo per percentuale di tiro dopo un “pick and roll”, il tipo di azione più comune nell’NBA.

Il miglioramento non si è avvertito solo nelle arcane metriche elaborate da Zormelo ma anche in quelle più tradizionali. Durant è diventato il settimo giocatore nella storia del basket Usa a realizzare il 40 % dei tiri da 3 punti, il 50 % di quelli da 2 e il 90 % dei tiri liberi. Soprattutto, alla fine del 2014 il campione degli Oklahoma City Thunders è stato nominato per la prima volta miglior giocatore della NBA, uno dei riconoscimenti più ambiti.

Velocità di reazione

La fiducia accordata di una stella di questo calibro ha aperto al giovane Justin, che ne 2011 ha fondato la sua società Best Ball Analytics, le porte di altre star. Al momento sono più di 30 gli atleti dell’NBA che hanno deciso di appoggiarsi alle sue analisi. Alcuni ne apprezzano la rapidità. “Prima che la partita sia finita ho già ricevuto l’analisi del match via sms”, ha detto una volta Rajon Rondo, giocatore dei Dallas Mavericks pure lui sedotto dall’idea di avere uno scienziato dei dati al suo servizio. Altri sono colpiti dalle rivelazioni inaspettate che arrivano dai dati. “Quando incontro un giocatore conosco il suo gioco meglio di quanto non lo conosca lui stesso”, ha detto una volta Zormelo. L’obiettivo è usare i dati per aiutare gli atleti a prendere le decisioni migliori sul campo e effettuare allenamenti specifici per renderle istintive.

“Passo molto tempo a individuare formule che misurino l’efficienza”, dice Zormelo, che ha una laurea in finanza e un chiodo fisso: ottenere il massimo con il minimo. Come Dirk Nowitzki, giocatore dei Dallas Mavericks, da lui spesso citato come esempio da seguire: è in grado di segnare 20 punti a partita tenendo la palla in mano per un totale di 1 minuto e 17 secondi.

Il futuro è giovane

La carriera dello statistico personale non è stata tutta in discesa. Per qualche anno Zormelo ha lavorato per alcune squadre NBA ma le sue intuizioni numeriche non facevano breccia nella testa degli allenatori. Così ha deciso di provare a conquistare direttamente le menti (e i cuori) dei giocatori. La svolta è arrivata a metà della stagione 2010-11 quando, attraverso un conoscente comune, si è offerto di aiutare Durant inviandogli report statistici sulle sue prestazioni. Nell’estate successiva il giocatore ha accettato di allenarsi con lui in palestra.

Adesso sono i campioni che lo cercano e nella sua “scuderia” ci sono star come Paul George e John Wall. Quel che non è cambiato è lo scetticismo dei coach che hanno come riferimento la prestazione della squadra e temono che uno scienziato dei dati “privato” possa instillare abitudini sbagliate – o tendenze troppo individualiste – nei loro cestisti.

Nel frattempo, a Zormelo si rivolgono anche giovani promettenti, come il diciassettenne australiano-sudanese Thon Maker che spera di ripercorre le orme proprio di Durant a cui assomiglia nel fisico e nel gioco. E forse è proprio da aspiranti campioni come Maker che la rivoluzione dei dati applicata al basket compirà un ulteriore passo. Cosa succederà infatti quando fin da un’età così tenera gli atleti si abitueranno modellare il proprio gioco sulla base di informazioni tanto accurate? Tra qualche anno lo scopriremo.

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