Big Data, statistica e analisi hanno un ruolo centrale nei corsi di formazione Better Decisions e del rapporto fra questi e lo sport abbiamo spesso parlato: ricorderete l’iniziativa Big Data Mundial e il contributo di Roberto Murgita, allenatore tattico di Serie A su Dati e Performance. E ancora il post sul rigore perfetto del neuroeconomista Matteo Motterlini e la “wisdom of the football crowd” a cura dei ricercatori dello Swiss Federal Institute of Technology. Oggi vi raccontiamo una storia molto particolare: una squadra danese è convinta che il successo calcistico sorrida a chi è disposto a far comandare i dati.

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Quando si parla di calcio di alto livello la Danimarca non è il primo Paese che viene in mente. E forse neanche il secondo o il terzo. Tuttavia, se si vuole fare un viaggio nel football del futuro è proprio lì, al Nord, che bisogna andare. L’importante è non fermarsi a Copenhagen ma procedere fino a Herning, città di 47 mila abitanti dove gioca il Midtjylland. Fa un po’ freddo ma ne vale la pena. Sul campo e nei computer di questo club si sta infatti portando avanti il più radicale esperimento calcistico degli ultimi anni, quello di una società sportiva dove a comandare, insieme agli uomini, sono i dati. E dove ogni decisione, dall’acquisto di un giocatore alla valutazione di un allenatore, viene presa con l’ausilio di modelli statistici ad hoc. E i risultati arrivano.

Il “modello”

Lo scorso anno il Midtjylland ha conquistato il suo primo scudetto, superando squadre come il Copenhagen sulla carta più ricche e più forti. Secondo il sito Transfermarkt, il parco calciatori della società guidata dai numeri valeva quasi la metà di quello della compagine della capitale: 15 milioni di euro contro 29. Non si è trattato di un caso: quest’anno il club è di nuovo primo in classifica con 24 punti dopo 11 partite e ha vinto i primi due confronti disputati in Europa League. “Non possiamo competere con altre società per quanto riguarda il budget, dobbiamo essere superiori in altri ambiti”, ama dire Rasmus Ankersen, il 32enne presidente del club danese. Per esempio, nella raccolta e nell’analisi delle informazioni. Alla base del successo della compagine danese c’è infatti un sistema di ranking che mette in fila, sulla base di molteplici parametri statistici (ovviamente non rivelati in pubblico), tutte le squadre del Vecchio Continente come se giocassero in un unico campionato. Questo permette al management del Midtjylland di individuare, fra le altre cose, formazioni minori che stanno ottenendo risultati al di sopra delle aspettative e magari agire meglio sul mercato. Un esempio? Il semisconosciuto Tim Sparv, diventato una delle colonne della conquista dello scudetto da parte della squadra nordica. E’ stato acquistato dopo che il sistema di ranking del club segnalava le ottime prestazioni del Greuther Fürth, formazione di seconda divisione tedesca. “Secondo il nostro modello giocavano come una squadra di Premier League inglese”, ha commentato Ankersen. Una volta accesasi la lampadina, la dirigenza del Midtjylland ha cominciato a studiare gli uomini con più presenze della compagine germanica. E in cima alla lista c’era, appunto, Sparv.

Dalle scommesse al pallone

In un ambiente conservatore come il calcio non è facile introdurre una cultura differente. Il Midtjylland lo sta facendo perché l’input arriva dall’alto. A spingere per la rivoluzione dei dati è lo stesso proprietario del club, l’inglese Matthew Benham, diventato azionista di maggioranza nel luglio 2014. Fondatore di Smartodds, società che fornisce servizi agli scommettitori per aiutarli a guadagnare di più, Benham pensa che la strada verso il successo nel mondo del pallone non sia diversa da quella da lui percorsa nell’universo delle quote e delle puntate. In entrambi i casi si tratta di raccogliere maggiori informazioni degli altri e analizzarle meglio. Ma soprattutto, si tratta di pensare fuori dagli schemi rifiutando idee ricevute se ce ne sono di più valide. Al Midtjylland, per esempio, sono arrivati a snobbare l’idolo venerato da quasi tutte le altre squadre del mondo: i punti in classifica. Da quelle parti non si giudicano più le prestazioni degli allenatori e della squadra sulla base della graduatoria in campionato; roba antica e, soprattutto, inaffidabile. In un gioco come il calcio, in cui i gol sono eventi rari e dunque in parte dipendenti dal caso, il punteggio può infatti mentire. Meglio affidarsi ad un metro di giudizio statisticamente più articolato. Come dice Ankersen: “Il nostro manifesto è: sempre, in ogni caso, il modello vale più della classifica nella valutazione della squadra”.

Punizioni letali

L’ossessione di Benham e del Midtjylland è usare le statistiche per cercare vantaggi competitivi in ogni ambito. Uno di questi è rappresentato, secondo i dirigenti della squadra danese, dai cosiddetti calci piazzati, situazioni che interrompono il normale flusso del gioco e permettono ai tecnici di studiare schemi particolari. I club “normali” non li sfruttano ancora abbastanza. Ma il Midtjylland non è “normale”, e lo scorso anno ha segnato quasi metà dei propri gol da queste situazioni. In tutta Europa solo l’Atletico Madrid ha fatto meglio. Con questa filosofia, fatta di dati, modelli statistici e originalità, Benham spera ora di conquistare anche il Regno Unito. Il giocatore d’azzardo è infatti proprietario anche del Brentford, squadra di seconda divisione inglese, dove è intenzionato a mettere in pratica lo stesso approccio. L’estate scorsa, per esempio, ha introdotto nell’organigramma la figura di “Capo della Filosofia calcistica e dello sviluppo dei giocatori” con il compito di stabilire i principi di gioco fondamentali della squadra e di aiutare i calciatori a comprendere il proprio ruolo. Più di uno, tra giornalisti e addetti ai lavori ha storto il naso chiedendosi se la formula messa in pratica in Danimarca funzionerà anche in un contesto calcisticamente più competitivo come quello britannico. I dubbi però non turbano Benham, che consulta il suo “modello” e risponde beffardo: scommettiamo?

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